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Il ministero della suprema felicità

Genere
Letteratura
Numero di pagine
496
Formato
Brossura
Traduttore
Maria Federica Oddera
Su licenza di
Guanda
Ean
9788850259588
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Il ministero della suprema felicità ci accompagna in un lungo viaggio nel vasto mondo dell’India: dagli angusti quartieri della vecchia Delhi agli scintillanti centri commerciali della nuova metropoli, fino alle valli e alle cime innevate del Kashmir dove la guerra è pace, la pace è guerra e occasionalmente viene dichiarato lo «stato di normalità».
Anjum, nuova incarnazione di Aftab, srotola un consunto tappeto persiano nel cimitero cittadino che ha eletto a propria dimora. Una bambina appare all’improvviso su un marciapiede, poco dopo mezzanotte, in una culla di rifiuti. L’enigmatica S. Tilottama è una presenza forte ma è anche un’assenza amara nelle vite dei tre uomini che l’hanno amata: tra loro Musa, il cui destino è indissolubilmente intrecciato al suo.
Dolente storia di sentimenti e insieme vibrante protesta, Il ministero della suprema felicità si snoda tra sussurri e grida, tra lacrime e sorrisi. I suoi eroi, spezzati dalla realtà in cui vivono, si salvano grazie a una cura fatta di gesti d’amore e di speranza. Ed è per questa ragione che, malgrado la loro fragilità, non si arrendono.

Forse non esiste un modo altrettanto preciso di descrivere Arundhati Roy: un'assemblea, un raduno di voci, dove tutto e tutti devono trovare accoglienza. Impossibile separare in lei ciò che è letterario da ciò che è politico, il reale dall'immaginato.

Siamo solo a metà del 2017, ma so per certo che Il ministero della suprema felicità sarà il mio libro dell’anno e degli anni a venire.

Due decenni dopo il celebrato Dio delle piccole cose, il secondo romanzo di Arundhati Roy, ambizioso e originale, fonde brutalità e tenerezza, risonanza mitica e materia da prima pagina di giornale.

È un libro mondo meraviglioso e selvaggio, incredibile e contraddittorio come il subcontinente che racconta. Una fiaba magica e crudele, originale e sconcertante, dove tutto si tiene e tutto si perde, dove l'identità di genere e le religioni si confondono, e dove gli unici a salvarsi saranno i reietti, una manciata di personaggi che entrano sotto la pelle del lettore, ci rimangono e crescono di statura e profondità mentre si avanza nelle pagine di questo romanzo.

Il ministero della suprema felicità colpisce dritto al cuore. Straripante di denuncia, travolgente e disperato, punta i riflettori sugli invisibili, tutti quelli che la nuova India, la superpotenza del nazionalismo indù di Modi, occupata a mostrare i muscoli e a contare i soldi ha confinato nell'oblio o represso con la violenza. Anime inconsolabili, spezzate dalla vita, che cercano riparo nell'amore.

Il 2017 segna l'atteso ritorno di una delle scrittrici indiane più amate.

Come in un'antica saga, ma anche in un dramma intensamente personale e passionale, ognuno dei tanti personaggi della storia si trova al centro della eterna e sempre nuova sfida tra il bene e il male, ognuno con le sue ferite e le sue fragilità che diventano l'arma vincente della battaglia.

È un romanzo labirinto che si insinua tra i vecchi quartieri e i luminosi centri commerciali: ci porta dalle cime innevate alle profondità recondite delle valli. Vibra di passione che, pagina dopo pagina, si alimenta di visioni come di sconfitte. C'è tutto il fascino della fragilità di esistenze precarie che non si spezzano.

Forse non esiste un modo altrettanto preciso di descrivere Arundhati Roy: un'assemblea, un raduno di voci, dove tutto e tutti devono trovare accoglienza. Impossibile separare in lei ciò che è letterario da ciò che è politico, il reale dall'immaginato

Il libro di Arundhati Roy è un'opera fluviale, alla Balzac: le storie di molti personaggi tessono la trama di un'umanità che vive nella vertigine di Nuova Delhi. Assomigliano ai gemelli protagonisti del primo romanzo che qui sono cresciuti, graffiati e maturati: la loro voce ci dice che l'India non è un posto per bambini.

Arundhati Roy crea un mondo in cui i personaggi varcano confini di etnia, religione e genere per trovare, davvero, quella suprema felicità di cui parla il titolo del romanzo.

Due decenni dopo il celebrato Dio delle piccolo cose, il secondo romanzo di Arundhati Roy, ambizioso e originale, fonde brutalità e tenerezza, risonanza mitica e materia da prima pagina di giornale.

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Il dio delle piccole cose

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