La guerra acerba
di Gabriella Parca
Genere
Narrativa generaleCollana
Narrativa TEANumero di pagine
216Formato
BrossuraEan
9788850213207In questo romanzo non si racconta «la guerra vista da dietro le quinte» ' in guerra non vi è nulla di teatrale e di fittizio ' bensì la graduale scoperta, da parte di un'adolescente, che le parole gonfie di retorica dei bollettini radiofonici fascisti e le bandierine spostate sulla «carta geografica dell'Impero» servono solo a nascondere l'orrore di ogni guerra e il dolore che ne deriva.
Nella normale vita di una ragazzina quattordicenne, tra la disciplina del collegio e le libertà estive, i balli serali e le passeggiate in bicicletta, se la guerra appare inizialmente sotto le trionfalistiche spoglie di eroici combattenti, ben presto cominciano a filtrare le prime drammatiche notizie sui soldati italiani mandati allo sbaraglio, nei rigori invernali prima del fronte greco e poi di quello russo. Ma sia la lettera inviata al Duce, per «infondergli coraggio», dalla protagonista insieme a un'amica, sia i fioretti collegiali per propiziare la vittoria finale, non potranno evitare la disfatta e i caotici giorni di incertezza che seguiranno all'otto settembre, tra bombardamenti aerei, rastrellamenti dei soldati tedeschi e repubblichini e finanche razzie di cosacchi'
Lungo tutto il romanzo, è la Storia, o piuttosto la follia di pochi, che scrive e riscrive, intreccia e poi disfa la vita delle persone, i loro umili eroismi e le loro viltà, siano giovani ebrei fuggiaschi o intere famiglie sfollate in montagna. Come sarà sempre la Storia a decidere gli sviluppi di un amore fatto sì di baci non dati e carezze mancate ma anche forte di gesti gentili appena accennati e pieni di promesse.
Infine, il ritorno alla normalità, che lascia aperte molte domande su quel che in seguito è stato fatto e sul molto che ancora ci sarebbe da fare: «Così finì la guerra, come un tuono che si perde in lontananza. Poi, nel silenzio delle armi, si cominciò a pensare alla ricostruzione: non solo delle cose, ma anche delle persone, della loro identità, che aveva subito danni non meno gravi di quelli materiali.»